Il sole bruciava le vetrine del piccolo caffè alla periferia della città.
Dentro odorava di brioche, caffè e candeggina.
Alex — un ragazzo di sedici anni dal volto stanco — era in ginocchio nel bagno, stringendo una spugna con cui strofinava le piastrelle del pavimento.
L’acqua era torbida, le mani arrossate dai detergenti, ma lui non si fermava.
Ogni giorno, dopo la scuola, veniva lì a lavorare per aiutare sua madre.
Il manager, Patrick, stava sulla soglia, con le braccia incrociate sul petto.
Il suo ghigno si rifletteva nello specchio sopra il lavandino.
— Più in fretta, Alex, — disse freddamente. — E non dimenticare di pulire sotto lo scopino. Non lasciare nemmeno una macchia, capito?
Alex annuì in silenzio.
Era abituato alle umiliazioni.
In quel caffè lo costringevano a fare i lavori più sporchi, e lui non si era mai lamentato.
Ma dentro, sotto quel volto calmo, cresceva il dolore.
Attraverso la porta aperta del bagno entrava un raggio di sole.
I clienti entravano e uscivano, senza notare il ragazzo che lavava i pavimenti dietro di loro.
Finché un giorno la porta si aprì di nuovo — e l’ombra che cadde sulle piastrelle restò immobile.
— Alex?..
La voce era profonda, sicura, e terribilmente familiare.
Alex alzò lo sguardo — e rimase di sasso.
Davanti a lui stava suo padre.
Lo stesso uomo che non vedeva da settimane.
Un uomo in un elegante completo, lo sguardo freddo e il viso controllato, ma gli occhi… ardevano di rabbia.
— Che significa questo? — chiese, voltandosi verso Patrick. — Perché mio figlio è in ginocchio a pulire un bagno?
Patrick rimase immobile, incapace di parlare.
Il viso impallidì, le mani gli tremavano.
— Io… volevo solo… — balbettò. — Che imparasse tutte le mansioni, signore.
— Mansioni? — ripeté l’uomo, facendo un passo avanti. — Questo si chiama umiliazione.
L’intero locale tacque.
I dipendenti si scambiarono sguardi, i clienti smisero di parlare.
Patrick cercò di giustificarsi, ma l’uomo aveva già tirato fuori un biglietto da visita e lo posò sul bancone.
Sul cartoncino brillava il nome:
Robert Langford — Proprietario della catena di caffè Urban Bite.
— Lei è il manager di questa filiale, vero? — disse con calma.
— Sì, signore, ma io…
— Da domani non lavora più qui.
Alex si alzò. Sembrava confuso.
— Papà, non serve… — mormorò piano.
— Serve eccome, — rispose il padre con fermezza. — Nessuno ha il diritto di trattarti così.
Posò una mano sulla spalla del figlio.
— Non sapevo che lavorassi qui, — aggiunse con voce più dolce. — E sono fiero di te, Alex. Ma non permetterò che qualcuno scambi la tua bontà per debolezza.
I raggi del sole attraversavano la finestra, illuminando le piastrelle lucide che un minuto prima Alex stava ancora strofinando.
Patrick restava immobile vicino all’uscita, consapevole che la sua carriera era finita nel momento stesso in cui aveva scelto di umiliare la persona sbagliata.
E Alex — si asciugò le mani, inspirò profondamente, e per la prima volta dopo molto tempo sentì che la giustizia, dopotutto, esisteva.

