Il giorno era come tanti altri.
Un vento tiepido portava con sé l’odore di benzina e di caffè, il semaforo lampeggiava al ritmo del traffico.
All’incrocio, vicino alle strisce pedonali, c’era una bambina di undici anni — Mia.
Aveva le stampelle tra le mani e un quaderno con adesivi sulle ginocchia: tornava da una scuola per bambini con disabilità.
Accanto a lei stava un uomo — alto, in giacca elegante, con il telefono in mano.
Scriveva qualcosa, il volto teso, infastidito.
Il semaforo scattò: verde. La gente cominciò ad attraversare.
Mia iniziò a muoversi piano, posando con cautela le stampelle.
Il flusso dei passanti la circondava; qualcuno sorrideva, altri la superavano frettolosamente.
L’uomo, senza alzare lo sguardo dal telefono, sbuffò:
— Puoi muoverti più in fretta? Non sei l’unica qui!
Lei non rispose.
Abbassò la testa e cercò di accelerare.
Lui, spazientito, la spinse.
Accadde in un secondo.
Mia perse l’equilibrio, una stampella le scivolò dalle mani, e cadde in mezzo alla strada.
Le auto frenarono, qualcuno gridò.
L’uomo fece un passo indietro, come spaventato da se stesso, e cercò di allontanarsi.
E allora — il suono di una sirena.
Da dietro l’angolo apparve un camion dei pompieri, a pochi metri di distanza.
Frenò bruscamente.
Poi un altro. E un altro ancora.
In pochi istanti l’incrocio fu invaso dalla luce dei lampeggianti. La folla si voltò, confusa.
Dal veicolo saltò giù un vigile del fuoco, alto, con l’elmetto sotto il braccio.
— Che succede qui?!
Vide la bambina a terra e corse verso di lei.
Un altro pompiero bloccò il traffico, altri accorsero. In meno di mezzo minuto erano una ventina, tutta la squadra di ritorno da un intervento.
— Stai bene, piccola? — chiese uno, inginocchiandosi accanto a lei.
— Io… sono caduta… — sussurrò Mia.
— Tranquilla, — disse un altro. — Siamo qui.
Uno raccolse il quaderno, un altro la stampella.
Si muovevano rapidi, decisi.
I passanti non fecero nemmeno in tempo a tirare fuori i telefoni.
I pompieri formarono un cerchio intorno alla bambina, proteggendola dalle auto.
L’uomo, pallido, era rimasto sul marciapiede.
Uno dei pompieri lo fissò.
— Sei stato tu a spingerla?
Silenzio.
— Abbiamo visto tutto, — aggiunse un altro, indicando la telecamera del camion. — È tutto registrato.
La strada si fece muta.
Mia, seduta sull’asfalto, stringeva il suo quaderno e, per la prima volta quel giorno, sorrise.
— Grazie… — sussurrò.
Il pompiere le sorrise:
— Non serve ringraziare. Ricorda solo questo: in questa città c’è sempre qualcuno che si ferma.
Quando la accompagnarono sul marciapiede, il traffico riprese, ma la strada non era più la stessa.
Qualcuno piangeva. Qualcuno applaudiva.
E l’uomo se ne andò, a testa bassa, senza voltarsi.
Molto tempo dopo, Mia raccontò a scuola:
“Sono caduta… ma venti persone mi hanno subito rialzata.
Il mondo non è così indifferente come sembra.”

