Ha commesso un piccolo errore, senza nemmeno rendersi conto che così facendo ha salvato un intero museo dalla catastrofe

Di notte, il vecchio museo cittadino dormiva come un uomo che ha vissuto un secolo intero. I corridoi erano immersi nell’oscurità, dove ogni passo riecheggiava. I quadri antichi erano appesi immobili, come se ascoltassero la pioggia che batteva sulle finestre.

Il custode, Harold Bennett, sonnecchiava nel suo ufficio, su una vecchia poltrona con la tappezzeria strappata. Lavorava lì da più di trent’anni e sembrava conoscere quel museo bene come se stesso. A volte, di notte, gli sembrava che le pareti respirassero silenziosamente
e che le statue di bronzo girassero la testa quando lui si addormentava.

Sotto il pavimento, tra tubi e polvere, viveva un piccolo ratto grigio. Nessuno sapeva con certezza da dove venisse,
ma Harold l’aveva notato un paio di volte: era una macchia grigia che sfrecciava tra gli scaffali degli archivi. Non lo scacciò.
In un vecchio edificio c’è sempre posto per qualcun altro.

Quella notte il vento ululava nei tubi e fuori cominciava a piovere. Il ratto correva lungo i corridoi familiari, alla ricerca di un angolo asciutto,
quando improvvisamente notò un sottile filo metallico luccicante alla fioca luce della lampada dietro la grata.

Si fermò, si mise in allerta, poi si stirò, per abitudine, e sfiorò leggermente l’isolante con i denti.
Si udì un breve crepitio, un lampo di luce, poi il silenzio.

Un secondo dopo, una sirena iniziò a ululare. Da qualche parte nel corridoio si accesero delle luci rosse, l’acqua iniziò a gocciolare dal soffitto, spruzzandosi in una sottile nebbiolina, come la foschia mattutina. Il sistema antincendio automatico si era attivato.

Harold balzò in piedi, gettò via la coperta dalle ginocchia, afferrò la torcia e corse nella sala. C’era odore di bruciato, leggero, quasi impercettibile, ma inquietante. In un angolo lontano del pannello elettrico c’erano dei fili che scintillavano. Se il sistema non fosse scattato, in un minuto le fiamme avrebbero avvolto i soffitti in legno.

Quando arrivarono i pompieri, tutto era già sotto controllo. Dissero che per miracolo erano arrivati in tempo. Harold stava all’ingresso, guardando il vapore che saliva dal pavimento bagnato, e per qualche motivo non pensava all’incendio, ma a quella minuscola creatura che forse, per caso, aveva salvato tutto.

Al mattino stava facendo il giro delle sale. L’aria odorava di umidità e cenere, il sole filtrava attraverso le finestre sporche. Sotto le scale notò un movimento. Lì, nell’ombra, c’era lei: un piccolo ratto grigio, bagnato, tremante, e accanto a lui un pezzo di cavo rosicchiato.

Si accucciò. La guardò e improvvisamente disse sottovoce: «Beh, piccolina… ci hai davvero salvati».

La sollevò con delicatezza, la avvolse in uno straccio e la portò nel suo ufficio. La mise in una scatola di cartone, le mise accanto un piattino con dell’acqua e un pezzetto di pane.

Il museo si stava svegliando. C’era odore di polvere e sole, l’acqua brillava sul parquet come vetro e sembrava che i vecchi quadri alle pareti guardassero con gratitudine.

Harold era seduto al tavolo e accanto a lui la salvatrice russava tranquillamente. Lui sorrideva, per la prima volta dopo molti anni, con calma, sinceramente.

A volte i miracoli accadono non perché li si aspetta, ma perché qualcuno, anche il più piccolo, si è semplicemente trovato nel posto giusto
al momento giusto.

MADAWOMAN