La savana tremava per il caldo.
L’aria era densa, pesante come il miele, e la terra odorava di polvere e di sole.
La leonessa giaceva all’ombra di un’acacia, sonnecchiava, ascoltando il suo cucciolo giocare lì vicino — si rotolava nell’erba, cercava di afferrare la coda, ruggiva in modo buffo, imitando i grandi.
Lei alzò pigramente la testa, lo guardò e chiuse di nuovo gli occhi.
Tutto era calmo.
Troppo calmo.
Gli uccelli tacquero.
Perfino il vento cessò.
La leonessa si sollevò, all’erta.
Le orecchie si mossero appena.
E allora lo vide — qualcosa brillò nel cielo.
Un punto minuscolo, ma che si muoveva troppo in fretta.
Un luccichio argentato — e all’improvviso, un fischio tagliente.
Un falco. Enorme, adulto, affilato come una freccia.
Stava piombando giù, dritto verso il suo cucciolo.
Il leoncino alzò la testa, e nei suoi occhi per un attimo si rifletté il cielo — luminoso, terribile, che cadeva su di lui.
Lei non pensò. Scattò.
Il corpo sapeva già cosa fare.
La polvere le accecò gli occhi, gli artigli graffiarono la terra.
All’ultimo secondo riuscì a coprirlo con sé.
L’aria esplose in suoni — ali, grida, polvere, sole rovente.
Il falco colpì — ma non il piccolo.
Lei.
Gli artigli le lacerarono la spalla, la pelle bruciava.
Ruggì — non per il dolore, ma per la furia.
Con un solo colpo di zampa lo scagliò via.
L’uccello cadde nell’erba con un tonfo sordo, aprì le ali, si rialzò malamente, batté ancora qualche volta — e volò via, come un’ombra dissolta nella luce.
La leonessa respirava affannosamente, stringendo a sé il cucciolo.
Era vivo.
Il suo cuore batteva sotto la zampa, veloce, caldo.
Lo leccò tra le orecchie.
— Va tutto bene, — come se avesse detto.
Ma poi sentì un suono.
Debole, rauco, da dietro un cespuglio.
Si mise in ascolto, sollevò la testa.
Là, nell’erba alta, qualcosa si muoveva.
Pensò — un altro predatore.
Ma poi vide: un secondo falco.
Piccolo. Giovanissimo, appena piumato.
Giaceva a terra, agitando le ali debolmente, pigolando piano, con un suono lamentoso.
La leonessa si fermò.
Il vento mosse leggermente l’erba.
Tutto divenne improvvisamente silenzioso, come prima del balzo.
Guardò il piccolo — e capì: quell’altro falco non attaccava.
Difendeva.
Stava solo cercando di riprendere il suo piccolo caduto dal nido.
La leonessa inspirò lentamente.
Dentro di lei qualcosa si strinse — di dolore, di riconoscimento.
Di quel riflesso crudele e vero che la natura le mostrava.
Si voltò verso il suo cucciolo, lo attirò più vicino e guardò il cielo.
Là dove il falco era scomparso, ora fluttuavano le nuvole — lente, tranquille, come se nulla fosse accaduto.
A volte una madre protegge.
A volte perde.
E solo chi ha amato davvero sa che tra questi due momenti non c’è differenza.

