Anna e Thomas hanno sempre sognato di avere un appartamento tutto loro nel centro della città. Quando hanno trovato un’opzione in un edificio vecchio ma solido, con soffitti alti e muri spessi, è sembrata loro una vera fortuna. L’edificio era stato costruito prima della guerra e si respirava un’atmosfera speciale di antichità. Entrarono con gioia e decisero che lì sarebbe iniziata la loro nuova vita felice.
Ma già nella prima settimana dopo il trasloco, il loro cane, un pastore tedesco di nome Bruno, iniziò a comportarsi in modo strano. Di solito tranquillo e bonario, improvvisamente mostrava aggressività. Ogni sera, non appena nell’appartamento calava il silenzio, Bruno si avvicinava alla stessa parete del soggiorno e iniziava a ringhiare. A volte si sedeva di fronte, fissando un punto, come se vedesse o sentisse qualcosa.
All’inizio Anna rideva: “Probabilmente ci sono dei topi che corrono lì dentro”. Ma quando Thomas esaminò il muro e chiamò persino degli esperti per controllare, si scoprì che non c’erano roditori né cavità. Tutto sembrava perfetto.
Con il passare delle settimane la situazione diventava sempre più spaventosa. Bruno poteva improvvisamente balzare in piedi e iniziare a graffiare l’intonaco con le zampe, guaire come se qualcosa lo tormentasse.
Una notte Anna si svegliò per uno strano rumore. Rimase distesa, trattenendo il respiro, e ascoltò attentamente. Dalla parete proveniva un rumore sordo ma distinto, come se qualcuno stesse graffiando con le unghie la parte interna. La donna svegliò il marito. Thomas, dopo aver inizialmente scrollato le spalle, appoggiò l’orecchio al muro e subito indietreggiò: sentì un rumore sordo.
Il rumore era regolare, cadenzato, come se qualcuno stesse cercando di inviare un segnale. In quel momento Bruno ringhiò e si precipitò verso il muro, come se volesse proteggere i padroni.
Anna raccontò l’accaduto alla vicina di piano, la signora Krause, una donna sulla settantina. Questa ascoltò attentamente e sussurrò:
«Non siete i primi. Anche in passato gli inquilini dicevano che in questo appartamento c’era qualcosa che non andava».
Anna rabbrividì. L’anziana signora aggiunse che anche sua madre aveva sentito storie di strani rumori in quella casa: un tempo lì viveva un uomo sospettato di fatti terribili, ma poi tutto era stato insabbiato.
Thomas cercò di non credere alle voci, ma anche lui cominciò ad avere paura di rimanere in salotto dopo il tramonto.
Alla fine si decisero. Thomas chiamò degli artigiani, che cominciarono ad aprire il muro. Prima rimossero l’intonaco, poi le vecchie assi. E lì si aprì una porta murata, di cui nessuno sapeva nulla.
Il cuore di Anna batteva all’impazzata. La porta si aprì a fatica e quando la aprirono, tutti rimasero immobili.
Dietro la porta c’era una piccola stanza senza finestre. L’aria all’interno era pesante, odorava di umidità e polvere. In un angolo c’erano delle scarpe da bambino, una bambola malconcia con gli occhi di vetro vuoti e una ciotola di metallo.
La cosa più spaventosa era che alla parete era fissata una vecchia catena. Una catena vera, arrugginita, con un anello di ferro all’estremità.
Anna non riuscì a trattenere un urlo. Thomas imprecò e gli operai si scambiarono uno sguardo. Era chiaro: qualcuno aveva vissuto in quella stanzetta, chiusa al mondo esterno.
In seguito la polizia confermò le ipotesi: negli archivi erano effettivamente conservate menzioni del fatto che, già a metà del secolo scorso, in quella casa viveva un uomo accusato di trattenere bambini contro la loro volontà. All’epoca non furono trovate prove, il caso fu chiuso, ma le voci circolarono per decenni.
A quanto pare, dietro quella parete si nascondeva proprio la “stanza degli orrori” di cui un tempo bisbigliavano i vicini.
Dopo questo episodio, Anna e Thomas non poterono più rimanere nell’appartamento. Se ne andarono quasi immediatamente, lasciando lì i mobili e i lavori di ristrutturazione.
Bruno, il loro fedele cane, sembrò tranquillizzarsi. Non ringhiava più e non guaiva più. Era come se avesse fatto il suo dovere: mostrare la verità che i padroni avevano paura di vedere.

